Jarod il camaleonte The pretender |
Fanfiction
1.03 - La Solitudine Unisce -
1a parte
Era una giornata come tante altre, e come tante altre volte Jarod aveva alle calcagna il Centro. Tuttavia questa volta era diverso, sembrava che Miss Parker potesse prevedere le sue mosse. Le aveva lasciato una falsa pista, che fra l’altro l’avrebbe poi condotta ad un file del centro contenente utili informazioni su sua madre, ma lei l’aveva scartata per seguirne una apparentemente inverosimile, ma che era in realtà quella giusta. Era un po' che non si spacciava per un agente del FBI, o per un poliziotto e che comunque non lasciava informazioni di se in qualche computer, perciò non si spiegava come avessero fatto a localizzarlo. Eppure ci riuscivano. Ovunque andasse ecco che trovava Miss Parker, Lyle e Sydney pronti a riportarlo al Centro. Per ora era sempre sfuggito, ma si rendeva conto che questa fortuna non sarebbe durata a lungo. Se l’intelligenza era dalla sua loro avevano il numero e i mezzi a giocare a loro favore. Comunque non era quello il momento di pensare a che trucchi usavano al centro per trovarlo, un ragazzo era morto in un vecchio edificio e la teoria dell’incidente non gli quadrava. Quel ragazzo non aveva motivo di essere lì, lui avrebbe scoperto perché c’era, e soprattutto con chi. Mentre questi pensieri lo tormentavano si rese conto di essere arrivato proprio davanti all’edificio. Lì vicino il furgoncino del gelataio radunava una piccola folla di bambini, e Jarod non seppe resistere alla tentazione.
Leccando il cono si appoggiò ad un palo della luce e cominciò a fissare l’edificio. La vecchia insegna ormai sbiadita indicava che era stata una fabbrica di piastrelle. Era un edificio molto largo, a tre piani, e circondato da un cortile in terra battuta disseminato di cocci. Il lucchetto del vecchio cancello arrugginito era rotto e questo era aperto di un paio di dita. Anche il portone dell’edificio era socchiuso. Si chiese se fosse così anche all’arrivo della polizia, l’avrebbe scoperto dopo poco, non appena avesse esaminato il cancello. Tirò fuori dalla giacca di pelle nera un quaderno con degli articoli di giornale ed iniziò a leggere. “RAGAZZO DI BUONA FAMIGLIA MUORE IN INCIDENTE IN UNA VECCHIA PIASTRELLERIA ABBANDONATA” ripiegò l’articolo e passò al successivo “NESSUNA NOVITA’ SUL CASO FORD, NESSUNO SI SPIEGA L’ACCADUTO” lesse le prime righe dell’articolo “…tra poco la polizia locale chiuderà le indagini sull’incidente a Steve Ford, figlio del noto industriale, trovato morto una settimana fa nella vecchia fabbrica di piastrelle. Nessuno si spiega perché fosse lì, forse era con una ragazza, ma si è ormai certi che si tratti di un incidente…” Jarod rimise via il quaderno. Da quello che aveva imparato negli ultimi anni quelli come Steve le ragazze non le portavano in una fabbrica diroccata, e tanto meno trovare un cadavere incastrato in una macchina faceva pensare ad un incidente. Non sapeva ancora sotto che identità indagare, ma per ora non importava, doveva solo dare un’occhiata nella fabbrica. Lanciò un’occhiata all’orologio nuovo che aveva comprato rubando i soldi al centro. Erano le sei, mancava ancora un po' di tempo prima che facesse buio e che quindi potesse entrare nella fabbrica senza destare sospetti. Aveva il tempo di tornare nel piccolo appartamento affittato lì vicno, farsi una doccia e chiamare in tutta tranquillità Sydney.
Erano le 23:30. le strade intorno alla vecchia fabbrica in quel quartiere industriale coperto di cemento erano popolate solo da gatti randagi, nessuno lo avrebbe visto entrare nella fabbrica. Accese la piccola torcia per esaminare il lucchetto. Dalla ruggine si capiva che era rotto già da un po', dunque Steve non aveva avuto ostacoli ad entrare. Stava per varcare il cancello quando una voce famigliare lo costrinse a voltarsi
-buonasera Jarod!- era sconvolto e forse anche un po' spaventato, ma ovviamente non poteva darlo a vedere
-Miss Parker! Se mi avvertivi della visita mi sarei vestito un po' meglio!- il suo sguardo era freddo come sempre, Jarod si chiese come facesse a mantenere sempre quell’autocontrollo
-non preoccuparti, ci penseremo noi del Centro a fornirti l’abbigliamento. Intanto mettiti queste, stanno bene sul nero!- e gli lanciò un paio di manette che lui prese al volo
-grazie ma non mi piacciono i gioielli. Al tre me ne vado, quindi decidi tu se spararmi-
-stai giocando con il fuoco Genio. Ho passato ogni singolo giorno degli ultimi anni a darti la caccia, e se al Centro ti ci devo riportare in una bara sono disposta a farlo-
-sai, sembri proprio un bravo cagnolino che riporta la palla al padrone. Ma guarda che se mi ammazzi il biscottino non te lo danno!-
-ti avverto, sto perdendo la pazienza, e comunque non ho intenzione di essere ancora a questo punto quando tra poco arriveranno gli altri percui metti quelle dannate manette- anche ora aveva un tono calmo e gelido. Jarod iniziò a preoccuparsi. Parlando agli altri era chiaro che si riferiva agli spazzini e a Lyle, altrimenti Sydney e Broots sarebbero stati con lei. poteva sfuggire a Miss Parker che gli puntava addosso una pistola, ma non a tutto il gruppo che lo circondava, e l’idea di tornare al Centro era spaventosa. Lentamente si avvicinò alla donna, non aveva ancora le idee molto chiare sul da farsi, ma decise che per una volta avrebbe improvvisato. Lei lo guardò soddisfatta chiudersi la manetta attorno al polso sinistro. Si fermò solo quando la canna della pistola gli sfiorò il petto
-che c’è, non hai più voglia di vivere genio?- lui sorrise
-magari volevo solo starti vicino ...-
-uao, mi mancava questo lato passionale e romantico del tuo carattere, beh, avrò il resto della vita per scoprirlo. Al Centro- lui sorrise enigmatico come sempre, e in quel momento sentì il rumore di un elicottero. Lyle! Ora si che la situazione peggiorava
-fratellino, per la prima volta sono felice del tuo arrivo- sussurrò lei distraendosi per un istante a guardare verso l’elicottero ancora abbastanza lontano. Fulmineo Jarod la disarmò e chiuse la manetta intorno al suo polso. Lei lo guardò stupita e piena di collera.
-non mi piace questo giochetto, jarod ridammi la pistola- jarod fece uno strano sorriso, poi si voltò e cominciò a camminare velocemente verso il cancello. Miss Parker tentò di porre resistenza, ma inutilmente, l’uomo era comunque più forte di lei. spinse il cancello ed entrò. L’elicottero era sempre più vicino. Cominciò a correre. Aveva piovuto tutto il pomeriggio e la donna non riusciva a correre coi tacchi alti nel fango.
-ti giuro che mi pagherai anche le scarpe nuove. E rallenta! Non posso correre coi tacchi!-
-magari è la volta buona che impari a mettere scarpe un po' più comode-
-Dio quanto ti odio- lui le sorrise poi spinse il pesante portone ed entrò. L’elicottero era vicino, doveva stare attento a non passare davanti alle finestre o l’avrebbero visto. Afferrò il polso di Miss Parker e la trascinò dietro ad un macchinario. Si accucciarono. Jarod le teneva la pistola puntata contro, ma purtroppo per lui entrambi sapevano che non avrebbe mai sparato. Piuttosto si sarebbe fatto catturare. Ma forse Lyle non lo sapeva, e questo poteva giocare a suo favore. Inoltre quelli del centro non sapevano neppure che lui e Parker erano lì. Se fosse stato attento avrebbe potuto fuggire, ma ancora non sapeva cosa fare della donna.
-prova a fiatare e ti sparo, ok?-
-tu mi sparerai il giorno che le mucche voleranno- disse fredda lei
-è curioso che tu l’abbia detto, sai ho visto proprio ieri un negozio che vendeva delle mucche meccanizzate attaccate ad un filo che ...-
-Jarod ... basta. Altrimenti mi scappa quella poca voglia che ho di portarti al centro vivo. Comunque che intenzioni hai? Tra poco tutti saranno qui dentro e tu sarai in trappola-
-forse. Mi piacerebbe dirti le mie intenzioni, ma non le so neppure io! Pensa, per la prima volta dopo tanto tempo non ho la minima idea di come sfuggirvi!-
-no! Il genio che non ha idee!? Ti do io la soluzione: arrenditi! Chissà che non ti troviamo una simulatrice da metterti in cella!- jarod stava per rispondere quando un rumore attirò la sua attenzione. Coprì la bocca di parker con una mano e trattenne il respiro. Se erano gli spazzini del centro era davvero nei guai, soprattutto ammanettato a Parker. Il rumore si avvicinò. Sempre più. Poi strisciò contro una gamba della donna che si ritrasse. Era un topo! Jarod rise sollevato e le liberò la bocca.
-per un attimo ho temuto fosse tuo fratello-
-beh, non hai sbagliato di molto!- fece un sorriso malizioso
-non possiamo restare legati, dammi le chiavi delle manette-
-non pensi che se le avessi avrei già cercato di liberarmi?- Jarod sgranò gli occhi
-cosa significa che non le hai!? Com’è possibile!-
-guarda che è tutta colpa tua! Pensavo che se le avessi portate tu avresti potuto rubarmele e liberarti e così le ho lasciate a Syd!-
-complimenti! Così siamo intrappolati in una fabbrica abbandonata che sta crollando ammanettati uno all’altra!-
-senti genio, sei l’ultima persona con cui vorrei essere e mi ci hai trascinato tu qui, perciò taci-
-ok, ora cerco qualcosa e apro questa serratura- lei abbassò lo sguardo e scosse la testa
-è inutile, sono un prototipo, è impossibile scassinarle persino per te- jarod sbuffò e poggiò le spalle al macchinario arrugginito. Cercò di trovare una via di fuga. Si ricordò che oltre al portone principale e a tutte le finestre sulla facciata c’era un'unica uscita sul retro. Una scala antincendio dall’altra parte della costruzione, al terzo piano. Non sarebbe stato facile arrivarvi, soprattutto legato a Miss Parker che avrebbe opposto resistenza, ma non aveva scelte. Si alzò e lei non oppose resistenza. Avrebbe voluto metter via la pistola, non si sentiva a suo agio con quella in mano, ma sapeva che la donnna avrebbe trovato il modo di prenderla, si limitò a mettere la sicura. Quando si furono allontanati abbastanza dalle finestre accese la piccola torcia. Il pavimento era in legno, e ormai era marcio.
-stai attenta Miss Parker, il legno potrebbe cedere-
-non ti libererai così facilmente di me- lui scosse la testa. Non riusciva ad abbandonare il suo cinismo neppure per un attimo! In alcuni punti il pavimento era già crollato e i due procedevano a fatica. Di colpo lei si fermò
-che c’è?-
-mi si è rotto un tacco, non riesco a camminare-
-togli le scarpe!- disse esasperato
-tu sei pazzo se pensi che lo farò! L’hai visto cosa c’è per terra! Come minimo prendo qualche malattia-
-non posso fermarmi!-
-prosegui da solo!- disse cinicamente. Per un attimo l’autocontrollo di Jarod svanì e provò il forte impulso di spararle, ma subito tornò calmo. Si sedette a terra e cominciò a slacciare gli anfibi
-cosa stai facendo?-
-ti do le mie scarpe. Prova a protestare e ti giuro che ti taglio la mano e me ne vado- per la prima volta da quando la conosceva Parker non rispose. L’aveva spaventata? No, impossibile. Decise di non cercare di capirne il motivo e la guardò mentre timidamente infilava le scarpe e tentava di stringerle il più possibile. Ripresero a camminare. La fabbrica era umida e fredda e Jarod poteva sentire la donna rabbrividire. Arrivarono alla scala che portava al piano di sopra e lentamente salirono. Era in legno completamente marcio e scricchiolava pericolosamente sotto ai loro piedi, nonostante tutto la salirono senza intoppi. Appena sopra, fatti pochi passi, uno strattone improvviso tirò Jarod a terra. Capì ciò che era accaduto prima ancora che Parker invocasse il suo nome. Guardò la donna che si teneva disperatamente ai bordi del buco formatosi nel pavimento che aveva ceduto sotto di lei. Anche il legno intorno si stava sgretolando. Jarod si guardò intorno. Non riusciva a tirarla su, forse era incastrata da qualche parte, ma non avrebbe neanche potuto reggerla così a lungo. Sbirciò al piano di sotto. Erano una decina di metri e sarebbero caduti su un vecchio macchinario arrugginito, con spigoli affilati come lame. Sarebbero morti. Jarod sentì il legno sotto di lui scricchiolare, non avrebbe retto ancora per molto. Le mani di Parker persero la presa e la donna crollò nel vuoto, trascinando dietro di se Jarod che si tenne al volo ad un tubo. Ora era sdraiato con la testa sul buco, Parker era tenuta solo dalla manetta intorno al polso, che si stava seriamente lussando
-Jarod, fai presto, ti prego- gemette. Per la prima volta lesse nei suoi occhi il terrore. Quante novità stava scoprendo quel giorno sulla donna di ghiaccio, chissà se sarebbero vissuti tanto a lungo per godersele. Il legno scricchiolò e il bucò si allargò ancora un po'. Il polso di jarod gli faceva sempre più male, e non osava immaginare quello che stava provando Parker. Non riusciva a fare niente, se non avesse trovato il modo di liberarsi sarebbero mrti entrambi. Notò a circa un metro una grossa sega. Capì quello che avrebbe dovuto fare. Si allungò e la prese. Le manette non si sarebbero tagliate con quella, c’era solamente una ltro modo per liberarsi. Guardò la donna. Aveva gli occhi lucidi e vi si leggeva chiaramente il terrore. Aprì la mano e lasciò che la sega cadesse giù.
-ok, ce la possiamo fare. Riesci ad afferrarmi il polso?-
-non credo, mi fa troppo male-
-va bene. Tira su l’altro braccio e attaccati a me. Pensi di farcela?- la donna non rispose, alzò il braccio e lo allungò per afferrare il polso di Jarod. Ci riuscì solo al secondo tentativo. Jarod gemette per il dolore, ma in quel momento non poteva permettersi di soffrire. Doveva tirarla su, ma non poteva alzarsi in piedi perché il pavimento non avrebbe retto, e da sdraiato non riusciva a muoversi. Provò a strisciare indietro e si spostò di qualche centimetro, ma qualcosa gli provocò un dolore lancinante alla gamba. Non poteva girarsi a guardare. Era stremato e la forza per sorreggere Parker non sarebbe durata ancora a lungo. Con le ultime energie piegò il braccio sollevando un po' la donna.
-attaccati al mio collo!- disse con voce rauca. Lei si sporse e ubbidì. Jarod le passò il braccio libero in vita e rotolò di lato. Parker risucì a poggiare un ginocchio sul pavimento e a risalire. Jarod sentì il pavimento scricchiolare, stava per cedere. Afferrò la donna in ginocchio davanti a lui, la tirò su di se e rotolò su se stesso spostandosi di diversi metri. Lì il legno sembrava più solido. Parker sollevò la testa con gli occhi sgranati e sorrise nervosamente
-ce l’abbiamo fatta- sussurrò. Jarod sorrise, non sentiva più il dolore ne alla gamba ne al
polso –avresti potuto farmi cadere ma non l’hai fatto. Perché?-
-perché tutti i giorni ho davanti agli occhi la bambina che mi ha dato il mio primo bacio, la bambina con gli occhi tristi almeno quanto i miei- Parker rimase stupita dalle sue parole. Lo guardò negli occhi, poi abbassò il viso e lo baciò, dopo un istante Jarod ricambiò il bacio. Era una sensazione strana. Aveva baciato altre donne, ma con lei era diverso. Era esattamente come quella volta da bambino. Erano sensazioni nuove. Senza dire nulla la donna si sollevò e si sedette lì accanto
-come va il polso?- le chiese come se nulla fosse accaduto
-dev’essere rotto, ogni singolo legamento dev’esssere strappato. Tu?-
-più o meno uguale, mi sono ferito ad una gamba- lei annuì ed abbassò lo sguardo sulla gamba dell’uomo. Aveva una grossa scheggia di vetro piantata nella coscia. Senza dir nulla gliela estrasse. Jarod trattene un urlo
-sei impazzita!- ringhiò
-se te lo fossi aspettato avresti sofferto ancora di più- poi strappò la manica della giacca, l’aprì lungo tutta la cucitura per farla passare dalle manette e gliela legò intorno alla gamba.
-non è niente, zoppicherai per qualche giorno, sarà più facile catturarti-
-smetti mai di pensare al lavoro?-
-mai- aveva riacquistato il tono freddo. Jarod sorrise
si rimisero in piedi e ripresero a camminare con molta più cautela. Jarod zoppicava e dopo una decina di minuti si fermò a riposare. Guardò Parker nella semioscurità, aveva perso la torcia e ora le uniche luci erano quelle che penetravano dai buchi nei muri e nei pavimenti. La donna aveva le collant stracciate e la camicia rosa aveva un lungo strappo dalla spalla a sotto il seno sinistro. Anche la giacca era malconcia, e vide che sul braccio nudo aveva la pelle d’oca. Solo ora si rese conto di non avere più la pistola. Perquisì con lo sguardo la donna: ce l’aveva lei infilata nella gonna. Perché non l’aveva ancora costretto a tornare indietro? Forse aveva qualcosa in mente, doveva stare attento. Tirò fuori dalla tasca il coltellino svizzero. Miss Parker lo guardò preoccupata e lui sorrise per tranquillizzarla, poi aprì la manica sinistra e tolse la giacca. La mise sulle spalle della donna e la fissò sulla spalla con uno spillo con la chiusura di sicurezza che trovò per terra. Lei lo guardò: gelida. Adesso era la Miss Parker che conosceva. Proseguirono ancora un po', ma un rumore li fece bloccare di colpo. Jarod si guardò intorno. Erano pressappoco dove era morto quel ragazzo. fece cenno a Miss Parker di non far rumore e si stupì del fatto che lei annuisse. Avanzò con cautela e vide un uomo con un pacchetto in mano. Si sforzò di vederlo meglio. Lo riconobbe. Era un amico di Steve, l’aveva visto al funerale. Cercò di ricordare il nome M .. Mi ... Mitch! si voltò verso la donna
-lavoravo a questo prima che mi interrompessi, ti va di incastrare l’assassino di un innocente?-
-anche il mio Tommy era un innocente. Farò quello che vuoi- lui sorrise e le accarezzò una guancia. Non aveva in mente un piano preciso, ma da quanto aveva capito di quell’uomo sarebbe bastato spaventarlo. Si nascose bene e pronunciò il suo nome a voce alta, con un tono alquanto lugubre. Subito Mitch si voltò di scatto
-chi è!- urlò Jarod capì che era terrorizzato e sorrise soddisfatto
-potrei essere Steve-
-steve è morto!- urlò mentre arretrava
-non sai che quando uno muore ingiustamente non può andare nell’al di là!-
-balle, solo balle!- strillò l’altro
-come sono morto? Dimmelo, fammi sentire la tua versione- sembrava troppo semplice, ma forse quel giorno in cui accadevano tutte quelle cose strane non avrebbe dovuto meravigliarsi di questo
-ti giuro che non ti ho spinto io! Mentre arretravi sei scivolato e ha ceduto il pavimento. Te lo giuro!- era abbastanza plausibile e l’uomo non sembrava nello stato d’animo di mentire. Jarod si alzò di scatto e con lui Miss Parker. L’uomo trasalì
-e perché l’avevi portato qui?- l’uomo sembrò ad un tratto capire tutto, ma capì anche che non aveva possibilità di sfuggire, probabilmente li aveva scambiati per poliziotti
-aveva scoperto che spaccio e mi aveva seguito. Ci siamo messi a litigare e poi il pavimento ... - l’uomo si accasciò a terra e si mise a piangere. Parker si voltò verso Jarod
-è sempre così semplice il tuo lavoro?- lui la guardò male, poi si avvicinò all’uomo ancora disperato e senza che lui reagisse llo legò ad uno dei macchinari. Appena fuori avrebbe chiamato la polizia e lo avrebbe mandato a prendere. Si meravigliò del fatto che non fosse più preoccupato che il Centro potesse catturarlo. Non mancava molto all’uscita, e non poteva permettersi di essere fuori con la luce del sole. Nonostante la gamba gli facesse male e avesse i piedi feriti per aver camminato scalzo si mise a correre. Arrivò davanti all’uscita e si bloccò. Mise una mano in tasca e tirò fuori una chiave. La mostrò a Parker che trasalì.
-apre le manette vero?- lei annuì –presumo che questa sia una trappola-
-non è una cosa personale-
-davvero?- lei non rispose. Era la seconda volta quel giorno che la lasciava senza parole, annotò mentalmente di crogiolarsi con questa soddisfazione se fosse riuscito a scappare. Fece finta di abbracciarla e le prese la pistola. Gliela puntò al petto
-bravo, sei veramente intelligente quanto dicono. Mi hai salvato la vita, ora vuoi togliermela-
-sai che non lo potrei fare, ma preferisco essere morto che al centro-
-cosa stai cercando di dirmi?-
-ti ho salvato la vita, salvala a me, fammi scappare-
-sai che non posso- lui tacque, aprì la manetta e se la sfilò dal polso, poi liberò anche la donna. Le prese il polso gonfio e livido e lo avvolse nel fazzoletto. Non sapeva perché lo stesse facendo, gli veniva spontaneo, in fondo aveva sempre pensato che lei e Miss Parker fossero più simili di quanto lei immaginasse. Erano soli. Allo stesso identico modo.
-avanti Miss Parker, ti userò come scudo e ostaggio. Non mi piace l’idea ma con te tuo fratello non mi sparerà-
-fossi in te non ne sarei così convinto. Per favore, non ucciderlo, anche se ne hai l’occasione-
-ha ammazzato mio fratello-
-non sei tipo da vendetta- possibile che lo conoscesse così bene? Prese Parker per la vita e aprì la porta con un calcio. Scese un paio di scalini della vecchia scala arrugginita e subito Lyle con cinque spazzini erano davanti a lui e gli puntavano le armi contro. Miss Parker si voltò e lo guardò negli occhi
-ti ho salvata, aiutami- sussurrò lui. La donna esitò poi annuì. Con una rapida mossa invertì i ruolie mise le manette ai polsi di Jarod
-il prodigio torna a casa!- disse a voce alta mentre uno sguardo di trionfo le compariva sul viso. Jarod capì di essere caduto in trappola. Lo spinse giù dalle scale e lo portò davanti a Lyle.
-e brava sorellina. Allora Jarod, ti sono mancato?-
-manca la roba marcia sotto al cuscino?- Lyle sospirò e lo colpì allo stomaco. Jarod si piegò in due con un gemito ma due spazzini accorsero e lo raddrizzarono, Lyle lo colpì nuovamente. Si voltò a guardare la sorella che lo fissava sbalordita
-su sorellina, non fare la moralista, è un buon metodo per insegnargli le buone maniere-
-mi fai schifo. Comunque lo porto io al Centro: io l’ho preso, io lo porto- Lyle aprì le braccia rassegnato.
-fai come vuoi!- si sentì una macchna fermarsi poco distante e dopo pochi secondi arrivarono Sydney e Broots. Quest’ultimo sembrava stupito di vedere Jarod, dall’espressione di Sydney, invece, non si capiva se fosse contento o meno di vederlo
-Jarod-
-Syd, felice di rivederti, anche se l’occasione non è delle migliori- Syd fece una specie di sorriso. Jarod notò che Lyle e gli spazzini si stavano allontanando, erano rimasti solo loro quattro. Mentre lo sospingeva verso l’elicottero Miss Parker gli aprì le manette. Jarod esitò, poi si voltò, fece finta di spingerla a terra e scappò. La donna urlò solo dopo qualche istante, e quando gli spazzini e il fratello arrivarono era già al sicuro.
DUE GIORNI DOPO
Miss Parker stava uscendo dal cimitero. Come ogni settimana aveva portato dei fiori freschi sulla tomba di Thomas. La giornata era calda e soleggiata e non aveva preso l’auto. Il suo telefonino squillò
-pronto?-
-buongiorno Miss Parker-
-Jarod!-
-come va il polso?-
-non ha niente che la prossima volta che ti vedrò mi impedirà di catturarti-
-potevi farlo l’altro giorno. Perché non l’hai fattto?-
-e tu perché certe domande non me le fai a quattr’occhi?-
-perché mi piantresti un proiettile in pancia – disse una voce dietro di lei. Miss Parker si voltò. Era Jarod.
-chi si rivede!-
-allora, perché non l’hai fatto?-
-non lo so. Sarà stata una distrazione ... -
-lo sai bene invece. Se tu mi avessi catturato sarei stato di nuovo rinchiuso e tu saresti stata nuovamente sola, e inoltre non dovendo dare la caccia a me avresti dovuto passare ogni singolo istante ad affrontare i tuoi fantasmi-
-Syd è più bravo a fare lo psichiatra-
-ok, allora catturami ora- stese i polsi verso di lei. aveva ancora il polso fasciato –ora non ho le manette con me- jarod sorrise, si avvicinò e la baciò dolcemente poi cominciò ad allontanarsi, lei non si mosse
-però baci bene Parker- le fece un cenno di saluto e scomparse tra la boscaglia
-bastardo, giuro che un giorno me le pagherai tutte- disse tra i denti mentre un timido sorriso le compariva sulle labbra.
Scritto da Ginny
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